Emozioni
La scorsa settimana abbiamo detto che ci muoviamo solo in base alle emozioni. (Qui trovi l’articolo) Ognuno di noi associa determinate emozioni a determinate situazioni. Rispondiamo a quegli eventi con la nostra parte animale, il cervello rettiliano, che si muove secondo le tre P: Paura, Piacere, Potere.
Continuiamo il discorso
Ora pensa a quanti uomini di successo che hanno costruito un impero, poi si dimostrano una frana nei loro rapporti personali: ignorano le persone, i dipendenti, a volte persino i figli. O pensa ai divi dello spettacolo che, nonostante il successo, distruggono la loro vita privata arrivando ad assumere droghe o altro. Questo vale anche per le persone comuni. Quanti di noi rispondono ancora troppo a questo forte impulso istintivo incontrollato, dettato dal cervello rettiliano? Quante volte rispondiamo in modo poco utile, a Paura, Potere e Piacere?
Ogni volta che interviene un’area del cervello, la stessa invia segnali elettrici e biochimici a tutto il resto del corpo. Questi segnali vengono recepiti dalle nostre cellule, ma per essere recepiti, deve esserci la giusta “serratura”. Ti faccio un esempio. In una situazione di paura, il cervello invia alle cellule un segnale che ha una data forma. Mi vengono in mente quei giochi per bambini piccoli, dove devi inserire determinate forme geometriche in una palla che contiene sulla circonferenza un incavo della forma esatta dei vari pezzi da inserire: un triangolo, un quadrato, un cerchio, ecc. La cellula, come quella palla, recepisce il messaggio della paura, per esempio, proprio come se fosse il cubo da inserire. Più quella forma viene usata dal bambino, più sarà facile per lui riconoscerla. Così accade anche con le cellule: più quell’emozione viene riproposta di frequente, maggiormente viene riconosciuta ed accolta. Il messaggio che entra nella cellula porta con se una serie di informazioni che danno indicazioni alla cellula, sul come comportarsi.
Segnale trasmesso e segnale ricevuto.
Nel caso della paura, presa come esempio, risulta chiaro che l’emozione non rimane solo nella testa, ma entra a gran diritto in tutte le nostre cellule. La sensazione bloccante non è più solo nella nostra testa, ma è in tutto il nostro corpo. Più lo stesso segnale viene inviato, come abbiamo detto, più la cellula lo riconosce e comincia a richiederlo. Più lo stesso stato viene associato a determinati eventi, più lo stesso segnale viene riconosciuto all’esterno e generato dalle cellule stesse.
Sai che mi piacciono le storie. 🙂 Per spiegarti meglio il concetto ti racconto qualcosa di vissuto. Ho una zia particolarmente “sensibile” alle vista delle vipere. Ne ha sicuramente incontrate alcune, ma ricordo che in ogni libro sugli animali, ogni pubblicità, ogni situazione, in cui un serpente poteva essere presente, lei era in agitazione. Un giorno, vicino all’orto di casa, ha spostato del materiale: c’erano assi, attrezzi, tondini di ferro e sotto a tutto una corda arrotolata… Beh, il suo urlo ci ha spaventati tutti. Era convinta di aver visto una vipera! Era talmente terrorizzata dal trovare vipere sul suo cammino, che prontamente la sua mente gliele proponeva… Si crea una vera e propria dipendenza, non solo mentale, ma soprattutto elettrica e biochimica. Quelle sensazioni non sono solo nella nostra testa, ma ne sono impregnate tutte le nostre cellule. Ed io ricordo bene la reazione del terrore sul suo viso paonazzo e la pelle d’oca sulle braccia!
In corrispondenza di un evento, non rispondiamo solo con la nostra testa (anzi la mente risponde in minima parte); anche le cellule ne sono stimolate, anzi addirittura, spesso, sono le prime a mandare il segnale. Ecco perché alla parte razionale non sto dando troppo spazio. Perché la parte razionale ha una minima influenza sul nostro operato. Vogliamo parlare alle nostre cellule? La lingua delle cellule è costituita dalle emozioni, dalle metafore, dall’energia. Dobbiamo dare spazio alla nostra parte animale, ma come è stata programmata questa parte? Siamo sicuri sia programmata in modo utile per noi?
Ci muoviamo solo in base alle emozioni.
Ognuno di noi associa determinate emozioni a determinate situazioni. Rispondiamo a quegli eventi con la nostra parte animale, il cervello rettiliano, che si muove, come detto sopra, secondo le tre P. Quando rispondiamo ad una di queste P, rispondiamo anche con le nostre cellule che si impregnano di tale segnale. Ecco perché se stiamo cercando di instaurare una nuova relazione, in teoria sappiamo bene che dobbiamo amarci di più, eppure le nostre relazioni rimangono insoddisfacenti perché è un bisogno di amore e lo cerchiamo sempre negli altri. Ecco perché se voglio dimagrire e non ci riesco, non mi è sufficiente sapere che devo mangiare di meno…
Il perché ora è chiaro. Il perché è guidato dalle nostre emozioni e dalle nostre memorie cellulari.
Pensa alla squadra che va a giocare fuori casa e riceve dei fischi. La maggior parte di noi ritiene quei fischi un tifo contrario che ci demotiva. Eppure ci sono persone alle quali quei fischi fanno da sprone. Quindi ancora una volta, non è la situazione in se, negativa o positiva, ma è la percezione che ne abbiamo. Se a quei fischi diamo il significato di potere, al posto che di paura, il risultato è completamente diverso, non trovi?
Quando stiamo cercando di raggiungere un risultato, cominciamo a dare attenzione alle nostre emozioni. Cosa c’è dietro a quel risultato, in realtà?
C’è paura, piacere o potere?
In qualsiasi situazione rispondiamo ancora con le tre P. Cosa ci provoca paura? Cosa ci provoca piacere o potere? Stiamo facendo delle associazioni corrette?
L’albero delle emozioni
Per capire a fondo questo, utilizziamo un modello, creato dal professore Christian Boukaram, medico, oncologo, professore universitario a Montreal che chiamato “l’albero delle emozioni”. Nei suoi studi il professore riporta quanto l’ambiente e quindi le emozioni che viviamo siano fondamentali per decretare la nostra salute o la nostra malattia. L’albero delle emozioni serve per
- riconoscere i nostri stati
- farci salire a livello emotivo e vibrazionale
Ecco i quattro stati di questo modello:
Nel quarto stato, partendo dalla base, c’è la paura: “l’albero delle emozioni” ha la propria radice nella paura. Per paura intendiamo diversi stadi: senso di inadeguatezza, collera, senso di colpa, stress, tristezza, noia, solitudine, tutti quegli stadi bloccanti, associabili alla paura.
Nel terzo stato troviamo la curiosità. La curiosità, si dice, è la chiave della conoscenza. Ha un senso di apertura. I bambini sono curiosi. Quante volte ci troviamo davanti ad una porta e non abbiamo il coraggio di aprirla? Cosa succede se? Se rinuncio a quel dolce? Se reagisco a quei fischi? Qualsiasi idea può fallire, ma può anche riuscire: dobbiamo aprire quella porta, per scoprirlo!
Nel secondo stato trovo il coraggio. Il coraggio è il diretto opposto della paura, ma necessita di un passaggio intermedio, quello della sopra citata curiosità. Significa agire con cuore perché ciò che ci fa movere è qualcosa di molto importante per noi.
In fine il primo stato, dove troviamo lo stato di eccellenza, lo stato di grazia. E’ lo stato di grazia dell’atleta che sta realizzando il suo record del mondo, lo vive l’imprenditore che sta raggiungendo i suoi obiettivi con il rispetto dell’ambiente che lo circonda. Lo stato di grazia lo vive la persona che ama e che è amata. Lo stato di grazia è lo stato di eccellenza.
Quando impariamo a riconoscere a livello fisico i diversi stati, riusciamo a riconoscere qual’è la nostra risposta cellulare e come possiamo modificarla.
E’ questo che faremo la prossima settimana. Sei pronto?
Non perderti l’articolo!
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